Con le parole di Liliana Segre, vittima sfuggita all’Olocausto, oggi senatrice a vita impegnata ogni giorno nel ricordo degli orrori della Shoa, si è aperto il 21 gennaio a Roma il convegno su “Le vittime dell’odio”, presso la Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a cui hanno partecipato anche la Ministra delle Pari Opportunità e della Famiglia, Elena Bonetti, e la Ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese.
A una settimana circa di distanza dalla Giornata della Memoria, si parla di apologia del nazismo e i continui attacchi antisemiti, i cori razziali nelle curve degli stadi, gli atti di bullismo contro i disabili, le vigliacche discriminazioni contro le comunità gay: tutti crimini legati dal filo rosso dell’odio contro chi è diverso per razza, religione, orientamento sessuale.
Organizzato dall’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti di discriminazione (OSCAD) della Direzione centrale della polizia criminale, ad una settimana dalla giornata della Memoria che si celebra il 27 gennaio, il convegno moderato dal giornalista Paolo Berizzi ha voluto richiamare l’attenzione su tutte le forme di discriminazione e sui pericoli del terrorismo di matrice suprematista, che desta il massimo allarme negli Stati Uniti e la cui minaccia non può essere sottovalutata neanche in Europa.
Il racconto della sofferenza di vittime dell’odio e l’impegno di testimonial del mondo dello sport, dello spettacolo, della vita civile sono stati i protagonisti della mattinata: dal Presidente dell’Associazione italiana calciatori Damiano Tommasi alla capitana della nazionale di calcio femminile Sara Gama, dall’attore Jonis Bascir a Imma Battaglia leader del movimento LGBTI.
All’interno dello spazio dedicato ai comportamenti d’odio verso le persone con disabilità, il padre di Valerio Catoia ha raccontato la storia di suo figlio, giovane atleta con la sindrome di Down che ha salvato una bambina di 10 anni che stava affogando e che ha subito le peggiori infamie sui social. Anch’io ho avuto l’onore di poter esprimere il imo pensiero riguardo questo argomento e dare voce a quei piccoli accadimenti quotidiani, parole o azioni che spesso sono rivolti a persone disabili con l’intento di sminuirle e escluderle dalla normalità.
Secondo
Alfred Adler, padre della psicologia individuale comparata, sostiene che i grandi errori, difetti e insuccessi dell’umanità: guerre, pena di morte, odio per razze e l’odio fra nazioni, come pure nevrosi, suicidio, criminalità, etilismo ecc., sono imputabili a carenza di sentimento sociale, sono tentativi scorretti e inadeguati di risolvere le situazioni, dettati da complessi di inferiorità verso di esse.Potremmo quindi dire che non si nasce buoni o cattivi, ma più o meno in grado di affrontare la propria paura di essere inferiori. Il sentimento sociale è ciò che ci mette in condizione di vivere bene: altro non è che la nostra capacità di cooperare e il desiderio di partecipare alla vita sociale al fine di migliorarla e migliorarci. Oggi l’amore non ha più solo il compito di provvedere alla perpetuazione della specie, ma anche un ruolo da esso indipendente: contribuire a elevare la persona, ad assicurare una felicità maggiore e a promuovere il bene dell’umanità.
Seduti nello stesso tavolo nel panel dedicato alla discriminazione religiosa c’erano Padre Ibrahim Faltas, frate francescano, parroco di Gerusalemme, impegnato quotidianamente nel promuovere il dialogo tra israeliani e palestinesi, l’Imam Yahya Pallavicini, Presidente della Comunità religiosa islamica italiana (Co.Re.Is.) che ha parlato di islamofobia e Nando Tagliacozzo, ebreo sopravvissuto all’Olocausto in cui sono morti i suoi familiari.
“Si nasce buoni o cattivi? E’ più forte l’odio e l’amore? Domande antiche quanto la storia dell’uomo e che continuano ad essere attuali in una società complessa dove alle minacce del mondo reale si affiancano i pericoli dell’odio on line con potenzialità devastanti sulle vittime, a fronte di strumenti di contrasto che non hanno ancora quella tempestività che imporrebbe la velocità diffamante del web. E allora l’antidoto più potente non può essere che la cultura per combattere l’ignoranza e la paura del diverso; dove le forze di polizia hanno un ruolo fondamentale nel bloccare ogni forma di intolleranza prima che degeneri in sofferenza, distruzione e morte”, queste le parole del Prefetto Vittorio Rizzi, Direttore centrale della polizia criminale, che ha introdotto il convegno. Un impegno quello delle forze di polizia che parte dalla formazione volta a contrastare l’under-recording, vale a dire il rischio di non intercettare il carattere discriminatorio di questo tipo di reati (siano minacce, danneggiamenti, aggressioni, fino a crimini ancor più gravi). L’OSCAD ha formato più di 11.000 operatori di polizia nei suoi dieci anni di attività in stretto collegamento con le Agenzie internazionali che si occupano di discriminazione e con il mondo delle associazioni che rappresentano una parte fondamentale della società civile nell’emersione del fenomeno e nella tutela delle vittime, spesso spaventate anche di denunciare le sofferenze subite. Un impegno che parte dalla conoscenza del fenomeno criminale resa difficile dai problemi legati alla raccolta dei dati, che soffre di una copertura normativa solo di alcune forme di discriminazione, di previsioni speciali su alcune categorie, come la disabilità, e del fenomeno dell’under-reporting, relativo alla scarsità di denunce motivata dalla paura e dalla mancata conoscenza degli strumenti di tutela. Un indirizzo mail dedicato dell’OSCAD oscad@dcpc.interno.it è a disposizione per segnalare ogni episodio di razzismo e discriminazione che viene gestito ed eventualmente inoltrato alle forze di polizia territoriali per tutti gli approfondimenti investigativi: e-mail che può servire a segnalare anche casi che non costituiscono ancora reato ma che possono essere dei precursori di forme di intolleranza e violenza.